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Fonte: Giornale di Brescia, 20/08/2010
Torna alla luce il gigante di pietra
È lì da ventimila anni

 

ISEO – È rimasto per tanti anni coperto dalla vegetazione il masso erratico «Balòta dè la al di Précc»: un gigante di pietra arenaria rossa di 960 tonnellate, lasciato circa 20.000 anni fa dal ritiro del ghiacciaio della Valcamonica, alto sette metri, largo sei e profondo otto.
Ha dormito a lungo nel bosco del monte di Iseo, lontano dagli occhi di tutti, inosservato persino dagli appassionati di montagna che percorrendo il sentiero che porta a Bocàs gli passavano accanto, e sconosciuto alla maggior parte degli iseani.

 

Il lavoro di pulizia
Quest’estate però, grazie a un’idea del signor Gian Franco Tocchella e alla sensibilità del gruppo Alpini, è stato riportato alla luce con un lavoro di pulizia da sterpaglie e arbusti, ma anche riproposto all’attenzione del pubblico con il posizionamento di sei nuovi cartelli segnaletici acquistati dell’Ana, posti all’imbocco dei due sentieri che dalle località «Maestra di cà» e «Santa Teresa» portano nella valle che ospita il masso (a quota 490 metri, distante 50 metri dal cancello della cascina Fidrighì), sia lungo il percorso nel bosco.

 

Come raggiungerlo
Stando ai primi rilievi tecnici, effettuati dal geologo Federico Mori, la Balòta appena riscoperta sarebbe in grado di far impallidire per dimensioni il ben più noto masso erratico di Provaglio, che nel recente passato è stato tanto valorizzato da apparire oggi, in compagnia dell’erratico «di arenaria rossa del Permico» di Bagolino, come uno dei due monumenti naturali inseriti nella guida sui parchi e le riserve della nostra Provincia.
Il masso erratico è raggiungibile a piedi in circa un’ora, partendo da via Carlo Bonardi dove la prima delle nuove frecce invia verso la mulattiera che passa dalla località Maestra di cà, o in macchina, svoltando a destra poco dopo Santa Teresa per la località Bocàs, e proseguendo avanti per circa tre chilometri. «Si tratta di un reperto di Verrucano Lombardo – spiega il geologo Mori – certamente depositato dal ritiro dei ghiacci al termine dell’ultima glaciazione. Oggi la sua posizione è molto stabile, in perfetta sicurezza, anche perché buona parte di questo gigante si trova ancora sepolta sotto terra».

 

Come sono potuti arrivare fino a Iseo, ad almeno 30-40 chilometri di distanza, i massi della Valcamonica? «Inglobati e spinti dall’avanzata del ghiacciaio durata qualcosa come circa 10mila anni – continua Mori – che nella loro avanzata raccoglievano e trasportavano qualsiasi elemento incontrassero sul loro cammino.
Quando a causa dell’innalzamento delle temperature il ghiaccio iniziò a ritirarsi, lasciò sul campo tutto quanto aveva trasportato, compreso questo enorme frammento di arenaria rossa (tipico della bassa valle) nella Al di Prècc».

 

Segnaletica nuova di zecca «L’idea di segnalarlo adeguatamente è venuta al nostro consigliere Tocchella – precisa il capogruppo dell’Ana Giuseppe Barbieri – insospettito dal colore inusuale di una pietra che sulla nostra montagna non ha eguali. Dopo il sopralluogo del geologo e il voto favorevole di tutto il consiglio, sono state acquistate sei “frecce”, fatte di una plastica speciale molto resistente alle intemperie. Infine a luglio abbiamo percorso in gruppo i due sentieri principali e deciso i punti strategici dove piazzare le indicazioni».
Flavio Archetti

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Fonte: Bresciaoggi, Giovedì 19 Agosto 2010
LA RICERCA. Dario Balotta: «I dati Ersaf sono eloquenti: si costruisce in modo caotico e senza reali necessità»
Legambiente lancia l’allarme
«Il cemento soffoca il Sebino»
Giuseppe Zani

 

Paratico, Iseo e Pisogne sono i Comuni rivieraschi che hanno consumato più territorio Maggior equilibrio fra crescita demografica e urbanizzazioni a Marone e Sale Marasino

 

Più cemento non significa più sviluppo socio-economico. La conferma viene dal lago d’Iseo dove il processo di urbanizzazione cresce più del numero di abitanti. E’ quanto sostiene almeno il circolo Legambiente Basso Sebino sulla base di una sua elaborazione di dati sulla Destinazione d’uso dei suoli agricoli e forestali redatto dall’Ersaf della Regione Lombardia. Dati ufficiali, dunque. Relativi al periodo 1999-2007. Dati che prendono in esame tutti e 14 i Comuni rivieraschi, più Solto Collina e Parzanica.

 

«IL SEBINO STA SOFFOCANDO sotto il cemento di nuovi edifici, strade, porti, centri commerciali, capannoni e cave – osserva Dario Balotta, presidente del circolo in questione-. I dati percentuali e assoluti che presentiamo oggi confermano ciò che a tutti ormai è evidente, e cioè che progressivamente i residenti sull’Iseo vedono scomparire la ricchezza del loro ambiente». Nell’arco di 8 anni, stando alle tabelle fornite da Legambiente, si sono persi 2.168,4 ettari di verde, pari al 12,4% dell’intera superficie considerata, che è di 17.439,7 ettari: un trend peraltro- se la cosa può consolare- in linea con i valori delle province di riferimento (Bergamo 13,9%, Brescia 11,3%).
«L’eccessiva e caotica urbanizzazione- insiste Balotta- compromette il paesaggio del Sebino, ne rende precario l’assetto idrogeologico, come dimostrano le recenti piogge torrenziali, e ne compromette le ambizioni turistiche».
Castro (+36,6%), Paratico (+35,7%) e Sarnico (+35%) primeggiano fra i Comuni che più hanno urbanizzato, mentre nella classifica del consumo di territorio, sempre nel periodo in esame, spiccano ancora Paratico (+14,9%), Sulzano (+13,2%), Parzanica (+12,3%) e Pisogne (+11,1%). In termini assoluti, il maggior incremento di superficie consumata spetta a Pisogne (27,5 ettari), seguita da Paratico (26,2) e Iseo (23,7 ettari), cittadina in cui per la verità l’aumento degli abitanti è stato lieve (6,1%).

 

Anche dove il saldo della popolazione è negativo, paradossalmente, c’è stata una consistente crescita urbanistica: è il caso di Tavernola Bergamasca (+4,3% di superficie urbanizzata e -2,7% di residenti), di Castro (+2,3% e -1,2%) e Lovere (+0,9% e -1%). Solo a Marone e Sale Marasino la percentuale d’incremento degli abitanti è stata superiore a quella delle nuove urbanizzazioni. «Le aree rivierasche- sintetizza Balotta- sembrano sempre più un continuum indistinto di costruito in cui le seconde case sono il fenomeno negativo più rilevante, fenomeno al quale va aggiunta la perdità di identità. Insomma, se non si pone un freno al cemento, se non si ristrutturano le vecchie case abbandonate, di cui i nostri borghi sono pieni, se non si recuperano i capannoni inutilizzati, se non si smette con la politica dei parcheggi a servizio del turismo mordi e fuggi, se non si tutelano uliveti, aree agricole e frutteti, il nostro lago perderà anche le sue attrattive turistiche».
Aumenterà ancora, a sentire Balotta, il numero dei pendolari che già oggi (55% degli occupati) sono costretti a migrare a Brescia, a Bergano e a Milano per trovare lavoro.

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Fonte: Giornale di Brescia 13 agosto 2010

 

Prevenire la «dermatite del bagnante»

 

Dall’Asl alcuni consigli per evitare eritemi dovuti ai troppi uccelli acquatici nel lago

Una famigliola di svassi: sul Sebino ci sono quasi 800 esemplari
LAGO D’ISEO Reazioni allergiche, pruriti, eritemi assai fastidiosi. Sono spesso le conseguenze spiacevoli di esposizioni solari troppo prolungate o senza adeguate protezioni. Sul Sebino il loro manifestarsi appare invece legato alla presenza di troppi uccelli nelle acque del lago, che causerebbe la cosiddetta «dermatite del bagnante», un fenomeno «non anomalo», come indica l’Asl, «ma accentuato nel caso di accumulo di sostanze organiche presso la riva e di un aumento del numero di uccelli acquatici».
Il disturbo – spiegano dall’Asl – è una irritazione cutanea dovuta a un parassita, denominato Trichobilharzia ocellata, che ha come ospite abituale uccelli acquatici e molluschi, ma che può infastidire anche l’uomo, nel caso accidentalmente si trovasse nelle sue vicinanze, soprattutto durante le ore più luminose e calde della giornata. Il sistema immunitario umano, tuttavia, riconosce questi elementi estranei che penetrano nell’epidermide e fa in modo che non passino oltre. Niente di preoccupante, insomma: «Non esistono dei rischi per la salute umana – si legge nella nota dell’Asl – ma solo il disagio per alcuni soggetti più sensibili, di una reazione infiammatoria e allergica, (eritemi molto pruriginosi, talvolta caratterizzati nei giorni seguenti dalla comparsa di papule con un punto centrale ben distinguibile), che si risolve, di norma, in qualche giorno».
«Comunque – continua la circolare – il fastidio arrecato all’uomo può essere limitato seguendo alcune regole base di prevenzione: non immergersi durante le ore più luminose e calde della giornata; ungere la pelle con oli solari prima di fare il bagno; nuotare lontano dalla riva; asciugarsi immediatamente, strofinando l’asciugamano sulla cute, una volta usciti dall’acqua».
«In via generale – consiglia l’Asl – sarebbe raccomandabile non dare da mangiare agli uccelli acquatici, al fine di evitare un loro addomesticamento e il conseguente aumento numerico della popolazione». La cui consistenza è ricavabile dal censimento degli uccelli acquatici svernanti in Lombardia redatto dall’Università di Pavia (i dati sono del 2009). In totale sul Sebino vi sarebbero circa 4.500 volatili: 739 svassi e 510 tuffetti, 176 cormorani e dieci aironi cinerini, 143 cigni reali, 1.719 folaghe, 510 anatre di superficie e 630 gabbiani.
Veronica Massussi

Articolo: Check up sul Sebino: alghe e inquinamento vengono… «a galla»

Fonte: Giornale di Brescia 11 agosto 2010

Check up sul Sebino:
alghe e inquinamento
vengono… «a galla»

 

Gli allarmanti risultati delle ricerche effettuate dall’Università di Brescia
e dagli atenei di Western Australia, Cambridge, Tracia e Bicocca

Gli esperti hanno accertato che non avviene più il rimescolamento delle acque: gran parte dell’inquinamento, così, resta in superficie
LAGO D’ISEO Le acque in superficie sono le più inquinate del lago. Ma anche quelle profonde, povere come sono di ossigeno, non se la passano troppo bene. Questo il risultato della ricerca internazionale condotta sul Sebino dall’Università di Brescia, in collaborazione con gli atenei del Western Australia, di Cambridge, della Tracia e della Bicocca di Milano. I ricercatori impegnati nelle rilevazioni effettuate fino al 29 luglio scorso, e nelle successive elaborazioni dei dati, sono quindici, coordinati dal professor Marco Pilotti, docente d’idrodinamica nell’ateneo cittadino e da Jorg Imberger, limnologo direttore del centro Cwr (Centre of water research) australiano.
L’«eutrofizzazione»
«La prima fase ha riguardato l’acquisizione dei dati ambientali per poter risolvere due quesiti fondamentali – spiega Pilotti -: quelli relativi all’apporto dei nutrienti dal bacino di monte e alle conseguenze del cambio climatico, nonché allo scioglimento del ghiacciaio».
Il lago d’Iseo infatti soffre di «eutrofizzazione», vale a dire di apporto squilibrato in eccesso di nutrienti, dovuto al fiume Oglio che ancora una volta è l’incriminato principale della salute delle acque del lago. Proprio l’eutrofizzazione favorisce infatti la sgradevole fioritura di alghe (il «bloom»); inoltre gli inquinanti non si miscelano più, come avveniva un tempo, con le acque più profonde, ma rimangono tutti a livello superficiale. Come se non bastasse, l’Oglio è ancora privo della centralina di rilevazione dei valori chimici: quella di Costa Volpino è guasta da tempo.
Poco ossigeno sul fondo
Ciò che si è rilevato fino ad ora è la completa «anossia», cioè la mancanza di ossigeno del fondo del lago che invece fino agli anni Ottanta aveva un ricircolo annuale nel periodo invernale, durante l’abbassamento delle temperature. Perché si è bloccato questo processo di circolazione? Che cosa accadrà in futuro se le temperature invernali aumenteranno? Saranno possibili interventi per bloccare questi fenomeni? Sono le domande alle quali vogliono giungere gli scienziati, quesiti che riguardano da vicino la qualità della vita del lago e dei suoi fruitori.
«Per dare una risposta che oggi ancora non è stata formulata, abbiamo messo in campo una metodologia di tipo modellistico – prosegue Pilotti – consistente nel monitoraggio di vari parametri con diversi tipi di strumenti».
Così, nello scorso mese di novembre è stata posizionata in mezzo al lago una stazione di misurazione dei parametri meteorologici e della temperatura dei primi 50 metri di colonna d’acqua; dal 15 luglio alla fine del mese scorso sono stati attrezzati dieci punti di misura in tutto il lago (meteo, temperatura in ingresso e uscita della portata), utilizzando una sonda fino a 150 metri di profondità che ha acquisito in tempo reale, cinquanta volte al secondo, i parametri chimici, fisici e microbiologici inviati al sistema informativo in rete. I ricercatori hanno elaborato i dati che oggi sono reperibili su un sito accessibile a tutti:www.cwr.uwa.edu.au. L’auspicio, per Pilotti e gli enti che contribuiscono alla ricerca (Consorzio gestione laghi, Provincia di Bergamo e Comunità Montana dei laghi bergamaschi) è che la ricerca possa proseguire nel tempo per trovare quelle risposte che possono garantire un futuro di qualità alle acque del lago d’Iseo e a tutto l’ecosistema circostante.
Veronica Massussi