La Riserva delle Torbiere del Sebino e i suoi toponimi

"Anticamente la Torbiera (termine con cui si identifica un territorio ricco di torba o il luogo in cui se ne è scavata, come nel nostro caso) era detta Lama. Così si nominavano quei terreni che, per periodi più o meno lunghi dell’anno o stagionalmente, venivano allagati dall’acqua e che difficilmente venivano seminati.

Oggi il territorio della Riserva noi lo chiamiamo genericamente “Torbiera” ma i vecchi escavatori di torba ne ricordano i vari appezzamenti, detti candéle con vecchi toponimi, alcuni invariati nei secoli, altri coi nomi dei proprietari, oppure con nomi nati per caso per ricordare fatti o avvenimenti o cose inerenti il luogo.
– Ecco allora la Candéla de la Màchina, dove un tempo era installata l’idrovora a vento, poi la Magiùra (la maggiore), lo specchio d’acqua più grande, i Pilù, dove si ergevano i piloni di base ai tralicci elettrici, ma anche la Bisìnia, in onore alle conquiste dell’Impero
d’Etiopia nel ’36-’38.
I Sìch invece è il punto più profondo, qui vennero scavati fino a cinque tagli di torba (4/5 metri), le Tése sono rimaste famose in quanto, nel ’43, il più grande dei barconi adibiti al trasporto della torba, la leggendaria Rosa vi affondò con il suo carico di torba bagnata.
Anche le strade avevano il loro nome: la Bià Réta, tutt’ora esistente, che inizia al deposito ex-Comergas e la sua parallela detta Bià della Regina.
– Le candéle dei Senàgoi e dei Cavrì riportano gli antichi nomi di : Lama del Senagolo Grande, Lama dei Caprini, ma anche Lama del Segabolo di S. Pietro (di Cremignane), Lama del Molino, Lama del Piubecco.

Antichi nomi, vecchi lavori, immani fatiche, vite d’un tempo non troppo remoto che ci han dato in eredità questo gioiello naturalistico, così tipico, così unico per la sua storia, che noi, troppe volte, superficialmente ignoriamo."
(brano tratto da La Gazzetta Schiribilla, Maggio 1997, testo di Luciano Peroni)

P.S. Le vasche, cioè le “candéle”, sono divise tra loro da argini o briglie di terra, chiamate “bastiù” o “scansei"; le piccole isolette con paglia e canne vengono chiamate “sgorbie”.

Quarant’anni fa, sensibilità e lungimiranza…

                       "Le torbiere come bene collettivo "

Abbiamo per caso trovato sul web il quaderno n. 2 della Biblioteca comunale di Iseo, che raccoglie gli Atti del Convegno "Conservazione e valorizzazione delle Torbiere Sebine" organizzato il 22 novembre 1970 da: Comuni di Corte Franca, Iseo, Provaglio d'Iseo, Azienda di Soggiorno Iseo, Scuola Media Iseo.
A distanza di 40 anni, rileggendo alcuni degli interventi, in particolare quelli riguardanti  "Le torbiere come bene collettivo" , bisogna dire che allora alcune persone sapevano essere molto lungimiranti…
Tra i vari passi rilevanti citiamo quello, sempre di attualità, che pone l'accento sulla pianificazione urbanistica:
La conservazione e l'utilizzazione delle torbiere introduce evidentemente un discorso di tipo urbanistico che tenga conto della situazione pianificatoria del territorio in atto e delle indicazioni emerse al proposito in altre sedi.
Zona di rispetto:
La salvaguardia delle torbiere non dovrebbe limitarsi alla stretta superficie delle medesime.
Se, paradossalmente, si riuscisse a mantenerle nella loro integrità pur circondandole di edifici residenziali o industriali, è chiaro che sarebbe almeno perduto il fascino paesaggistico e ambientale che è fatto anche di panorami più vasti, di luci, di silenzio.
Tutto ciò è salvaguardabile a patto di creare un'adeguata fascia di rispetto intorno alle «lame» vere e proprie.
Insediamenti a ridosso delle torbiere sarebbero nocivi alla conservazione ecologica per la difficoltà di controllare alla perfezione ogni influenza dell'ambiente esterno su quello interno (scarichi, rifiuti, gas combusti, ecc…).
È opportuno quindi che i tre Comuni di Corte Franca, Iseo e Provaglio d'Iseo rivedano i loro strumenti urbanistici al fine di inserire le dette aree di rispetto.
Per esemplificare, la zona industriale di Iseo prevista a Sud del capoluogo andrebbe ubicata altrove perché risulta a ridosso dell'ambiente di cui stiamo propugnando la difesa.
E qui emerge l'opportunità di estendere la protezione ad altri ambienti naturali troppo spesso o sempre trascurati o addirittura denigrati. Ci riferiamo alle «lamette», cioè ai canneti del lago, i quali, per la loro natura palustre, potrebbero essere la continuazione delle torbiere.
Tralasciando altri comuni rivieraschi del Sebino, per non uscire dal tema, ci auguriamo che almeno per quanto riguarda il Comune di Iseo, venga tenuto un diverso atteggiamento nei confronti dei canneti, limitando gli interventi di cosiddetta bonifica al minimo indispensabile.

Ecco il quaderno a disposizione di tutti gli interessati:www.laschiribilla.it/02_Conservazione_e_valorizzazione_delle_Torbiere_%20Sebine.pdf