Torbiere, cresce l´allarme «plastificazione»

Fonte: Bresciaoggi, lunedì 16 aprile 2012
Il Coordinamento delle associazioni ambientaliste e animaliste chiede all´Ente gestore più attenzione per l´area protetta                                                                                                                                               

La Giunta regionale dovrebbe deliberare a breve il nuovo «Piano di gestione»                                                       L´area delle Torbiere coperta da teli di plastica

«Un´audizione fuori tempo massimo? Speriamo di no»: è quanto si augura il Coordinamento delle Associazioni ambientaliste e animaliste di Brescia di fronte al problema delle Torbiere del Sebino.

Mercoledì 11 aprile, a distanza di un anno dalla richiesta, i portavoce delle associazioni interessate alla tutela delle Torbiere hanno infatti espresso le loro preoccupazioni alla Commissione regionale Agricoltura, Parchi e Risorse idriche, in vista del via libera al nuovo Piano di gestione della Riserva Naturale, il cui iter di approvazione è stato tormentato e non privo di rilevanti incongruenze.
IL FORTE TIMORE è che i numerosi fattori di pressione e abusi in atto da molto tempo sul sito (urbanizzazione nelle zone limitrofe, inquinanti nei corpi idrici, pesca di frodo e bracconaggio soprattutto in località Lametta, prelievi d´acqua dalle vasche, gare di pesca sportiva, bonifiche e colmate, solo per citarne alcuni) possano aggravarsi, qualora nel nuovo strumento gestionale non siano introdotte misure più restrittive, rispetto a quelle deliberate in sede di Consiglio regionale.
Il Coordinamento è seriamente preoccupato, in particolare, che sia snaturato il ruolo della zona C di rispetto, che pure è parte integrante dell´ecosistema protetto Sito Natura 2000, tanto più che, proprio in questo periodo, si assiste nelle Lamette alla distruzione di alcuni ambienti naturali a ridosso dell´area più pregiata, con la messa a coltura di terreni caratterizzati da habitat di interesse comunitario.
L´AREA INTERESSATA è attualmente coperta da teli di plastica: si tratta di vari ettari di terra letteralmente «plastificata» e a tale proposito varie associazioni stanno sollecitando l´Ente gestore perché intervenga a tutelare la biodiversità.
Come già richiesto nel tempo in varie sedi, i rappresentanti del Coordinamento – che raggruppa l´Enpa, Legambiente, il Servizio di Vigilanza Ambientale, la Lac, la Lipu, l´Oipa, l´Anpana, la Lav e l´Associazione Compagni di Strada -, anche in occasione dell´audizione, hanno rilevato l´importanza che all´area protetta sia garantito un apparato normativo chiaro e rigoroso, che disciplini tutte le attività antropiche presenti nel sito.
Un problema reso ancora più «caldo» e pressante dopo l´incendio che all´inizio di aprile ha devastato e distrutto ben sei ettari della Riserva delle Torbiere.
L´ULTIMA PAROLA ora spetta alla Giunta regionale che, a breve, delibererà definitivamente sul Piano.

Rogo in torbiera, la fauna è in fuga

fonte: Giornale di Brescia  15/04/2012

Uccelli stanziali e libellule hanno perso nidi, uova ed habitat. Il fuoco distruggendo
il canneto (che si rigenera velocemente) ha anticipato uno sfalcio programmato

ISEO Sei ettari di torbiere in fumo hanno lasciato il segno. Inevitabilmente. Perché il rogo che ha devastato un’ampia zona della riserva naturale, il 2 aprile scorso, ha causato danni anzitutto alla fauna autoctona. Non a caso, uccelli stanziali e libellule hanno perso nidi, uova ed habitat. È altresì vero che la conformazione dell’area colpita – quella centrale coperta in prevalenza da canneti con alcune vasche d’acqua interne – ha consentito una limitazione dei danni.
Non solo, il tempestivo ed efficace intervento dei vigili del fuoco, della protezione civile e delle guardie ecologiche volontarie hanno permesso di limitare le conseguenze dannose. Altrimenti le fiamme avrebbero anche potuto intaccare i fabbricati vicini, il Centro accoglienza visitatori, gli alberi ad alto fusto e le colture adiacenti.
«I danni non sono stati così rilevanti come poteva sembrare ad un primo momento – spiega il presidente dell’ente gestore della Riserva, Gianni Lecchi -; il fuoco ha bruciato i canneti, ma si sa che quelli rinascono senza particolari problemi. Determinante è stata la celerità dell’intervento di spegnimento e contenimento delle fiamme. Inoltre pochi, per fortuna, sono stati gli alberi intaccati dal fuoco. Oggi comunque le canne palustri stanno già ricrescendo».
Fino agli anni Sessanta, quando le Torbiere erano ancora una fonte di reddito per molte famiglie provagliesi, gli incendi contenuti ed effettuati in particolari periodi dell’anno (ossia in gennaio e febbraio, quando l’area era gelata) erano una prassi consolidata. Tutto poi è cambiato con l’istituzione della Riserva, nel 1983.
Da allora infatti è assolutamente vietato appiccare fuochi, proprio per non compromettere l’ecosistema della Riserva, per non danneggiare la fauna e per non creare pericoli.
La valutazione dei danni ambientali dell’incendio del 2 aprile è stata comunque affidata al botanico del Comitato tecnico scientifico della Riserva, Carlo Andreis.
Dal punto di vista della fauna le più colpite sono state le specie stanziali, ossia merli e passeracei, mentre gli anatidi che nidificano vicino all’acqua non sono stati interessati dalle fiamme. Un’altra specie sicuramente danneggiata sono le libellule, visto che una recente analisi entomologica ha decretato proprio questa zona della Riserva come habitat unico in Italia, ma anche in Europa, sia per quantità che per tipologia di libellule.
E i danni economici? «Fortunatamente costi aggiuntivi per l’accaduto non ce ne sono – prosegue il presidente Lecchi -; dovremo ancora verificare se alcune delle piante intaccate riprenderanno la fase vegetativa oppure saranno da capitozzare (ossia potare pesantemente), ma per questo attendiamo ancora qualche settimana».
Gli alberi presenti nell’area colpita sono per lo più ontani, pioppi maestosi seppur instabili, platani e salici, mentre il «boschetto» (una zona ripiantumata dopo un fortissimo temporale di tre anni fa) non è stata, per un soffio, intaccata dal rogo.
Oggi il canneto distrutto dal fuoco, nonostante la pioggia e a due settimane di distanza, odora ancora di bruciato. Ma in realtà il fuoco ha anticipato uno sfalcio dello stesso canneto già programmato dall’ente che gestisce la riserva naturale.
Non a caso, «una volta il canneto veniva utilizzato in più modi – ricorda Lecchi -: si raccoglieva verde in luglio e si separavano i piumini dalle canne; i primi erano venduti ad una ditta di Mantova che faceva scope mentre i secondi, dopo essere stati essiccati sulle logge delle case, venivano usati come strame per gli animali».
Veronica Massussi